Mostra 2007
Testo di Vito Pinto
E’ stata usata la terracotta per realizzare gli splendidi mandala, ciotole decorate con murrine fuse.
Sono state usate parole e immagini colorate da Rosa Cuccurullo in composizione nel libro “Orientarsi con l’arte del Mandala”, per quanti hanno bisogno di orizzonti sereni.
Si rispetta, così, la ritualità originaria – quella sanscrita – con l’utilizzo di vari supporti e tecniche per creare un mandala . Nel silenzio di monti lontani, monaci tibetani dipingono i loro mandala su stoffa. Li chiamano tankha e sono stendardi stesi a decoro di pareti in interni di edifici religiosi.
Altrove, vengono composti per terra, con grani o sassolini colorati, per tracciare l’itinerario spirituale di iniziazione di un discepolo.
E ancora, sono incisi su pietra o metallo lungo le pareti dei santuari, a supporto di meditazione.
Un mondo di spiritualità investe questi spazi circolari ben definiti e forse angusti, ma larghi abbastanza per contenere al proprio centro una divinità suprema, centro cosmologico di un continuo divenire. Entrandovi, l’uomo si carica di energia, trasporta nel suo intimo la serenità e il silenzio universali, capaci di riordinare il concetto del quotidiano incedere. “Espressione simbolica dell’inconscio collettivo”, ha definitoil mandala l’elvetico Carl Gustav Jung, caposcuola della psicologia analitica.
Su pareti di una galleria d’arte le opere colorate, sono allineate, ripartite, concatenate: e la centralità cosmica viene dall’artista occupata in perfetta simbiosi con la divinità, per il suo essere sorgente di vita.
Il cerchio si chiude ed è mandala.